Esterificazione

Gli esteri hanno formula generale RCOOR e possono essere ottenuti della reazione di condensazione tra un acido carbossilico e un alcol. Sono generalmente poco solubili in acqua e hanno punti di ebollizione debolmente più alti rispetto agli idrocarburi di uguale peso molecolare. Sono più volatili dei corrispondenti acidi non essendo presenti legami a idrogeno. Gli esteri volatili hanno un odore caratteristico di frutta, insieme ai chetoni, sono responsabili della fragranza di molti frutti e fiori usati come sapori artificiali.


Durata: 1 ora

Scopo:

Produrre alcuni esteri dal caratteristico odore fruttato mediante la reazione di esterificazione.

Teoria:

L'esterificazione è la reazione di preparazione di un estere a partire da un alcol ed un acido; spesso l'acido è un acido carbossilico, ma anche gli acidi inorganici (acido solforico, acido fosforoso e fosforico per esempio) possono essere esterificati.

L'acido è fatto reagire in eccesso di alcool (o con sottrazione successiva di acqua), in presenza di un catalizzatore acido. Il risultato sono un estere e acqua.

Esterificazione





Trattandosi di una reazione di equilibrio, la sottrazione di acqua e l'eccesso di alcol servono a spostare l'equilibrio di reazione verso i prodotti finali (Principio di Le Châtelier).
Il processo inverso dell'esterificazione è l'idrolisi che, se effettuata in ambiente basico, prende il nome di saponificazione.

Materiale:

  • 1-pentanolo
  • acido acetico
  • acido fosforico
  • acido butirrico
  • acido solforico concentrato
  • etanolo

Strumenti:

  • provette
  • portaprovette
  • piastra riscaldante
  • becco Bunsen
  • distillatore
  • piastra riscaldante
  • beuta
  • pipette
  • refrigerante a bolle

Procedimento

1.  Riscaldare all’ebollizione in una provetta una miscela composta da:

1 ml di alcool amilico (1-pentanolo)

1 ml di acido acetico

1 ml di acido fosforico

Si ottiene un composto che odora di pera.

 

 2.  Riscalda in un distillatore a temperatura media: 

5 ml di etanolo 

25 ml di acido butirrico 

5 ml di acido solforico concentrato 

Il distillato emana odore di ananas


3.  Si mettono in provetta: 

1 g di acido benzoico 

5 ml di etanolo 

4 gocce di acido solforico concentrato 

Si riscalda e dopo 10 minuti si percepisce un odore di menta (benzoato di etile).


4.  Riscaldiamo per 5 minuti su piastra elettrica in una beuta: 

12 ml di etanolo 

12 ml di acido acetico 

1 ml di acido solforico concentrato 

Inserendo un refrigerante, il distillato ottenuto emana un piacevole odore di frutta.


Risultato:

Con la prima esterificazione si ottiene un composto che odora di pera.
La seconda reazione produce un distillato che odora di ananas.
La terza produce il benzoato di etile che odora di menta.
Con la quarta esterificazione si ottiene un distillato che emana odore di frutta.

Consigli di sicurezza:

Indossare sempre tutti i dpi necessari.
L'acido solforico concentrato va manipolato con cautela indossando guanti e occhiali sotto cappa, è corrosivo e provoca gravi ustioni cutanee.


Bibliografia:

Il calore sulla Terra

Tra i fattori che determinano il riscaldamento dell’atmosfera, sicuramente la natura della superficie terrestre occupa un posto rilevante. Si sa che la troposfera, lo strato più vicino alla superficie, viene riscaldata e raffreddata dal basso dalle radiazioni solari che vengono in parte riflesse oppure rilasciate in vari modalità dopo essere state assorbite. La nostra Terra ha una superficie eterogenea molto complessa, ma si può, con una certa approssimazione, ridurre in due zone: terre emerse e acque.

Durata: 30'


Scopo:

Verificare e quantificare le modalità di assorbimento di energia al variare dei materiali.


Teoria:

Il calore specifico è la misura della quantità di energia necessaria per modificare la temperatura di un materiale. Acqua, aria e terra hanno diversi valori di calore specifico: l’acqua ad esempio richiede un’energia molto superiore rispetto all’aria e alla terra, ma il Sole riscalda tutti i materiali presenti sulla Terra allo stesso modo. Verifichiamo come questi materiali si riscaldano in modo differente.


Materiale:

  • acqua
  • sabbia
  • terra


Strumenti:

  • becher da 250 ml
  • lampada a incandescenza
  • cronometro
  • termometri


Procedimento:

  1. Riempire per metà i tre becher rispettivamente con acqua, terra e sabbia
  2. Inserire all'interno dei materiali i termometri
  3. Porre i becher sotto la lampada a incandescenza e far partire il cronometro
  4. Segnare le temperature dei termometri ogni minuto per 10 minuti
  5. Ripetere la prova con altri due becher con terra e sabbia inumiditi
  6. Raccogliere i dati in tabella e costruire un grafico temperatura/minuti

Risultato:

Osservando il grafico appare evidente che la sabbia asciutta sia il materiale che si riscalda più rapidamente, infatti la retta relativa presenta una pendenza maggiore: la sua temperatura è quella che aumenta più velocemente a parità di tempo. L’acqua, al contrario, si comporta in maniera tale da minimizzare l’effetto del riscaldamento: il suo calore specifico è più elevato, quindi è ovvio che si riscaldi più lentamente. Una sorpresa viene riservata dalla sabbia umida: sembra che si comporti addirittura peggio dell’acqua, è il materiale con la minore inclinazione della retta nel grafico.
Sebbene l’oceano assorba quasi tutto il calore del sole (ha un albedo basso), la sua temperatura è quasi invariata a causa del suo alto calore specifico. Se il pianeta non fosse coperto da acqua per il 75% che rilascia il calore accumulato durante il giorno le notti sarebbero molto fredde.


Bibliografia:

Saggio di Tollens

Le aldeidi e i chetoni sono due classi di composti organici caratterizzati dallo stesso gruppo funzionale, il carbonile, cioè un atomo di ossigeno legato con un doppio legame ad un atomo di carbonio. La differenza sta nella posizione: se il gruppo carbonile è terminale (o primario), cioè se l'atomo di carbonio carbonilico è legato almeno ad un atomo di idrogeno, il composto è un'aldeide; se il gruppo carbonile è secondario (in mezzo alla catena), cioè se l'atomo di carbonio carbonilico è legato ad altri due atomi di carbonio, il composto è un chetone.
Perché assegnare due nomi diversi a composti distinti da una differenza tanto piccola?
Il motivo è che questa piccola differenza causa una grande differenza nelle reazioni che questi composti possono subire: il legame carbonio - idrogeno, presente sull'atomo di carbonio carbonilico delle aldeidi, si può rompere con più facilità rispetto al legame carbonio - carbonio presente sull'atomo di carbonio carbonilico dei chetoni. Per questo le aldeidi possono essere facilmente ossidate ad acidi carbossilici, mentre per ossidare i chetoni bisogna ricorrere a condizioni molto più estreme (bruciarli, ad esempio), e difficilmente il prodotto sarà un acido carbossilico.

Durata: 1 ora


Scopo: 

Individuare la presenza di zuccheri riducenti, o distinguere aldeidi da chetoni, mediante il saggio di Tollens che si basa su questa reazione: se si aggiunge il reattivo (il quale è costituito da una soluzione diluita di ossido di argento in ammoniaca acquosa) ad una piccola quantità di aldeide, posta precedentemente in una provetta, l'interno della provetta si rivestirà di un lucente specchio di argento metallico. Per questo motivo questo test spesso viene anche conosciuto con il nome di "saggio dello specchio d'argento". L'agente ossidante nel reattivo è Ag+, ridotto ad argento metallico.

Teoria:

Il reattivo di Tollens viene preparato facendo reagire il nitrato di argento AgNO3 con idrossido di sodio NaOH con formazione di ossido di argento secondo la reazione:

2 AgNO3 + 2 NaOH → 2 NaNO3 + Ag2O + H2O

L’ossido di argento viene solubilizzato con aggiunta di ammoniaca in eccesso con formazione dello ione diamminoargento [Ag(NH3)2]+ secondo la reazione:

Ag2O + 4 NH3 + H2O → 2 [Ag(NH3)2]+ + 2 OH–

Le aldeidi riducono lo ione diamminoargento ad argento metallico e, stante l’ambiente basico della soluzione, le aldeidi si ossidano al sale dell’acido carbossilico.

La semireazione di riduzione dello ione diamminoargento è:

[Ag(NH3)2]+ + 1 e– → Ag + 2 NH3

La semireazione di ossidazione di un’aldeide in condizioni basiche è:
RCHO + 3 OH–→ RCOO– + 2 H2O + 2 e–

La reazione che avviene complessivamente è:

2 [Ag(NH3)2]+ + RCHO + 3 OH–→ RCOO– + 2 Ag + 4 NH3 + 2 H2O

Dalla soluzione incolore si ottiene un precipitato grigio di argento metallico.

I chetoni non reagiscono con il reattivo di Tollens.

Materiale:

  • Soluzione di glucosio 1%
  • Soluzione di fruttosio 1% 
  • Soluzione di saccarosio 1%
  • Nitrato d'argento AgNO3  1N
  • Idrossido di sodio NaOH 2M
  • Idrossido di ammonio NH4OH 10%

Strumenti:

  • Piastra riscaldante
  • Becher
  • Pipette
  • Provette
  • Vortex

Procedimento:

  1. Si prepara il reattivo di Tollens mescolando 1 ml di soluzione di nitrato di argento AgNO3 (circa 20 gocce) e 1 ml di soluzione di idrossido di sodio NaOH 
  2. Si formerà un precipitato tipico dell'ossido di Argento. 
  3. Si aggiunge al miscuglio una soluzione di idrossido di ammonio fino a totale solubilizzazione del precipitato.
  4. In tre provette si pongono aliquote di reattivo di Tollens e si introducono al loro interno rispettivamente circa 3 gocce di soluzioni all’1% di glucosio, fruttosio e saccarosio.
  5. Agitare con il vortex le provette e porre nel bagno termostatico in un becher con acqua su piastra riscaldante per qualche minuto.

Risultato:


La formazione di uno specchio di argento al fondo della provetta è prova dell’avvenuta reazione.
Si osserverà la formazione dello specchio di argento nelle provette contenenti il glucosio, il fruttosio e lo zucchero invertito perché sono zuccheri riducenti; nella provetta contenente il saccarosio ciò non accadrà poiché non è uno zucchero riducente.

I carboidrati come fruttosio e glucosio si comportano come se fossero delle aldeidi (R-CHO) e danno la reazione di Tollens:

R–CHO + 2[Ag(NH3)2]+ + 3OH– → RCOO– + 2Ag↓+ 4NH3 + 2H2

Il saccarosio non è uno zucchero riducente e non sviluppa la reazione di Tollens.

Consigli di sicurezza:

Utilizzare sempre guanti e protezioni per gli occhi per le proprietà caustiche dell'idrossido di ammonio e la tossicità del nitrato d'argento. 
Preparare sempre al momento il reattivo di Tollens e non conservarlo a lungo perché potrebbe sviluppare composti altamente esplosivi.

Bibliografia:

Diluizioni in percentuale

La diluizione è il processo mediante il quale si ricava una soluzione meno concentrata a partire da un'altra detta madre, o da una polvere. Ci sono molte ragioni per cui può essere necessario effettuare una diluizione sia per facilitare reazioni per permettere la trasmissione di energia al soluto, ad esempio tramite un riscaldatore o per rendere meno aggressiva o più facile da trattare una sostanza in fase di analisi, ma questo esula dallo scopo di questa guida. La formula appropriata per calcolare una diluizione è estremamente semplice C1*V1 = C2*V2, dove C1 e C2 rappresentano le concentrazioni rispettive delle soluzioni iniziale e finale, e V1 e V2 rappresenta i loro volumi espressi di solito in multipli o sottomultipli di litri oppure di centimetri cubi. Vediamo dunque come bisogna procedere a livello teorico per diluire le soluzioni in laboratorio.

Durata: 1 ora


Scopo:

Preparare soluzioni a concentrazione nota utilizzando le diluizioni in percentuale.

Teoria:

In chimica si dice "diluizione" un'operazione in cui si prepara una soluzione seguendo un procedimento ben specifico dipendente dai soluti in gioco. Esistono due tipologie di diluizione a seconda delle condizioni iniziali: la prima che parte dalle polveri, mentre la seconda che prevede già un soluto parziale. Nel primo caso si scioglie un soluto in un solvente appropriato, nel secondo invece si aggiunge solvente ad una soluzione già esistente. Nel primo caso il calcolo della concentrazione è immediato perché basta pesare il soluto e determinare peso e volume del solvente. Se si sta compiendo la seconda operazione, la soluzione che riceve il solvente è detta "soluzione madre", e la diluizione provoca un aumento in volume totale e al tempo stesso ovviamente l'abbassamento della concentrazione del soluto.
La soluzione madre presenterà un certo grado di diluizione che è dichiarato in etichetta in fase di preparazione come concentrazione, per cominciare si devono inserire i valori nella semplice formula:

C1*V1 = C2*V2

C1 sta a indicare la concentrazione della soluzione percentuale oppure molare di partenza, V1 indica il suo volume, C2 indica la concentrazione della soluzione finale, e V2 indica il suo volume.
Per praticità di calcolo la relazione può anche scriversi come:

C1/C2=V2/V1

Con questa relazione si capisce meglio il fatto che volume (espresso in litri o centimetri cubi) e concentrazione (percentuale rispetto al volume) sono grandezze inversamente proporzionali fra loro.


Materiale:

  • Permanganato di potassio - KMnO3 
  • Solfato rameico - CuSO4 
  • Vino rosso 
  • Alcol etilico (rosa) 
  • Acqua distillata 


Strumenti:

  • 12 Becher 
  • 6 Cilindri graduati da 50 ml 
  • Bilancia tecnica 
  • Pipette 
  • 4 Portaprovette 
  • 12 Provette 


Procedimento:

  1. Dividere la classe in 6 gruppi, ogni gruppo dovrà preparare due soluzioni acquose in percentuale. 

Gruppo 1
    • Preparare 50 ml di soluzione di CuSO4 al 5% m/V 
    • Preparare 20 ml di soluzione di Alcol al 20% V/V 

Gruppo 2
    • Preparare 50 ml di soluzione di CUSO4 al 10% m/V 
    • Preparare 20 ml di soluzione di Alcol al 20% V/V 

Gruppo 3
  • Preparare 50 ml di soluzione di CUSO4 al 1% m/V 
  • Preparare 20 ml di soluzione di Alcol al 30% V/V 

Gruppo 4

  • Preparare 40 ml di soluzione di KMnO4 al 0,05% m/m 
  • Preparare 30 ml di soluzione di Vino al 10% V/V 

Gruppo 5

  • Preparare 40 ml di soluzione di KMnO4 al 0,1% m/m 
  • Preparare 30 ml di soluzione di Vino al 30% V/V 

Gruppo 6

    • Preparare 40 ml di soluzione di KMnO4 al 0,5% m/m 
    • Preparare 30 ml di soluzione di Vino al 60% V/V 

  1. Utilizzando le pipette, mettere circa 6 ml di ogni soluzione preparata in diverse provette.
  2. Raccogliere le provette dai vari gruppi di lavoro e posizionare le provette in quattro diversi portaprovette in relazione al loro contenuto. Avremo così quattro portaprovette, ognuno con tre soluzioni a diversa concentrazione di permanganato di potassio, solfato rameico, vino rosso e alcol etilico.

Risultato:

Osservando le provette con le diverse soluzioni potremo notare come il colore delle stesse vari in relazione alle diluizioni. La soluzione avrà un colore più intenso quando maggiormente concentrata, quindi quando avrà una percentuale più elevata di soluto, mentre presenterà un colore più tenue quando maggiormente diluita, ovvero quando la percentuale di soluto sarà inferiore.


Consigli di sicurezza:

Il Solfato rameico contiene ioni rameici che possono essere tossici per l'ambiente, non deve essere smaltito nel lavandino.


Bibliografia: